Il counsellor affronta questa realtà e diventa mediatore di significato e di diritto, guida nell’intercettare l’oppressione del potere economico e corporativistico dei pochi e guida nel promuovere la giustizia e lo fa non dalla prospettiva di ristrutturare la persona-lità, ma guardando all’orizzionte dell’oppressione che viene dall’esterno della persona, da un contesto che viola il diritto di vivere umanamente e nei confronti del quale si pone in termini di assertiva dignità.
Come cittadini planetari assistiamo alla graduale scomparsa dei confini geografi-ci, che non contengono più le culture e i popoli: la facilità degli spostamenti interconti-nentali permettono una osmosi contro cui poco valgono gli sbarramenti fisici agli aero-porti, alle stazioni ferroviarie di confine e ai porti di mare. Ma al di là degli spostamenti fisici siamo attori in una vasta rete di comunicazione planetaria mediata dai telefonini, da internet, dalla televisione satellitare, che sono ben più potenti degli uccelli migratori che si possono non abbattere con la caccia e di altri volatili che si possono isolare.
Di fronte a livelli così estesi di innovazione e di caduta di confini che prima modula-vano i ritmi di cambiamento, occorrono nuove competenze, nuovi saper fare, nuove ca-pacità assertive per progettare, scegliere obiettivi, scoprire processi, aprire orizzonti e inventare confini di contenimento. Si tratta di competenze che potenziano la libertà re-sponsabile. Essa non ha come caratteristica il mettersi sulla difensiva, ma di affrontare le nuove sfide in posizione di attacco. La libertà responsabile non cerca di arretrare gli stili di vita di qualche secolo per conservarli imbalsamati, ma crea nuove soluzioni sulle radici di quanto è già stato inventato, scoperto e conquistato.
Il counsellor è un mediatore che aiuta a inventare, scoprire e mettere a punto strumenti di ricca gestione dei contesti di vita nel processo di continua trasformazione del mondo che circonda la persona.
In tale contesto ci sono alcuni ambiti privilegiati verso i quali il counselling si muove a livello internazionale.
Diverse forze hanno contribuito allo sviluppo e alla differenziazione interna del counselling. Tra esse hanno assunto particolare importanza le trasformazioni culturali alle quali è stato accennato, gli interventi legislativi per la psicoterapia, gli sradicamenti dovuti a guerre e disastri naturali, le transizioni di vita e le nuove acculturazioni (transi-zioni scolastiche, le transizioni dalla coppia alla famiglia, dall’adolescenza alla vita a-dulta, dall’università all’inserimento nelle forze di lavoro, dalla vita di single alla vita di coppia, dalla vita di coppia alla separazione, dalla vita di lavoro al pensionamen-to);hanno assuntoimportanza le nuove visibilità di gruppi minoritari quali le donne, gli anziani, i disabili, i bambini e gli adolescenti, l’afflusso di immigrati e le migrazioni all’interno dei paesi, le ricerche che hanno evidenziato la consistenza della presenza di gruppi ad orientamento sessuale non tradizionale come i gay, le lesbiche e i transessua-li; l’impatto delle guerre, della violenza organizzata, delle epidemie, come l’AIDS, che minano alla base intiere popolazioni ed economie.
Tutte queste condizioni richiedono guida e informazioni per l’inserimento nella vita, strutturazione della realtà esterna, reperimento e coordinamento di risorse, invii ad agenzie, istituzioni, professionisti specializzati. In quasi tutte le circostanze è necessario un lavoro di collaborazione di gruppo tra diverse professionalità: psicoterapeuti, medici, avvocati, assistenti sociali e quanto altro.
In tutti i contesti il counsellor ha bisogno di competenze comunicative, capacità gestire le fonti di informazione nel mondo di oggi (internet, telefonini, televisione, ecc…). Il counsellor applica tali competenze nell’affrontare i diritti e doveri nelle situa-zioni di lavoro, nell’inserimento culturale dei migranti, nazionali e continentali, la vio-lenza individuale e di gruppo (mobbing, abuso infantile, delinquenza minorile), Questi sono gli ambiti emergenti nei quali il counsellor si ferra per esercitare la sua professio-nalità senza invadere il campo riservato allo psicologo e allo psicoterapeuta.
In molte situazioni vengono dallo psicoterapeuta persone che di fatto hanno bisogno del counsellor, perché le difficoltà che portano non derivano da una particolare condi-zione psicologica della persona, ma dalle circostanze nelle quali essa vive e la difficoltà sta nelle strategie operative anziché nella condizione psicologica del cliente. Talora la persona ha gli ingredienti necessari per affrontare le difficoltà incombenti, ma non sa coordinarle, perché è difficile dipanare le complessità di un contesto nuovo difficile an-che per le persone in ottime condizioni psicologiche.
Venne un giorno una persona depressa e indispettita perché tutti i giorni doveva prendere una medicina a causa di carenze di iodio e sapeva che era una condizione che sarebbe durata tutta la vita. Voleva fare un’ora di terapia, ma le fu chiesto: senta, l’altro ieri ha fatto colazione? Sì. E ieri, anche ieri ha fatto colazione? Sì. Allora suppongo che l’avrà fatta anche oggi. Rispose: Sì, ma non capisco. Risposi,comprendo…e domani pensa che farà nuovamente colazione? Suppongo di sì. Allora sorridendo aggiunsi: Ma non si è ancora stancata di fare colazione? A quel punto la persona, che era molto acuta, rispose: ho capito, ma certo è una nuova colazione. Vero risposi e le augurai una buona continuazione delle sue colazioni con una piccola aggiunta, visto che non aveva inten-zione di smetterle. Probabilmente pochi sararanno tentati di dire che ho fatto quattro minuti di terapia. Certo, ho chiesto alla persona di riflettere su un fatto esterno che en-trava nell’organizzazione della sua vita, finché lei stessa scoprì che un ingrediente nuo-vo nella colazione, molto più piccolo di una fetta di pane in più da preparare, non le stravolgeva la sua abitudine ripetitiva e gratificante di fare colazione; valevala pena far-lo per mantenersi in buona salute.
Per prendere un esempio dal counselling pastorale, un giorno venne una donna che era in un gruppo abbastanza settario perché aveva un conduttore che indottrinava sulla nullità della persona. Il problema per lei era che era nessuno, che era una schifezza. Le chiesi: ma lei è battezzata? Sì. Allora sei figlia di Dio. Una figlia di Dio libera. Sì, sì, certo. Dissi: è’ bello non solo essere considerati figli, ma essere davvero figli di Dio. Certo che è bello. Allora le figlie di Dio sono schifezze? Rimase perplessa e io aggiun-si: sei davvero figlia di Dio, altrochè schifezza. Abbozzò un sorriso.
Qualcuno chiama questo psicoterapia, io lo chiamo, in questo contesto, un piccolo esempio di counselling pastorale.
Alle volte le persone devono proprio imparare a guardarsi attorno, anche a guardarsi un pochetto dentro, perché il dentro conscio è un tipo di contesto. Ho lasciato allo psico-logo il lavoro ulteriore della donna di cui ho parlato, perché conclusi che era andata a cercare un gruppo che la confermava nella sua schiavitù ai normativi eccessivi subiti e ciò facilmente è un segno di patologia che va gestita dallo psicologo..
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